SOCRATE

                             SOCRATE


SOCRATE E LA CULTURA DEL DIALOGO

Il contesto in cui vive e opera Socrate

Anziché apportare un contributo alla chiarificazione delle idee in un'epoca di insicurezza, la sofistica - con il suo relativismo - erose definitivamente le antiche certezze. Questo produsse un diffuso malcontento presso le classi conservatrici, che pertanto cominciarono a guardare con ostilità non solo ai sofisti, ma anche all'insieme dei filosofi e alla nuova classe politica formatasi alla luce delle loro dottrine. È in questo difficile clima che vive e opera Socrate, il quale da un lato si propone di combattere le posizioni relativiste della sofistica, dall'altro deve subire l'ostilità delle classi conservatrici che assimilavano in modo superficiale e acritico la sofistica, nei suoi aspetti più negativi, alla filosofia in generale.


UNA FIGURA STRAORDINARIA

Socrate non scrisse nulla e, dunque, non lasciò testimonianza diretta di sé.Sulla figura e sul pensiero di questo personaggio straordinario, tuttavia, abbiamo molte testimonianze indirette, tra cui spicca quella di Platone, che fu suo discepolo e può considerarsi, in linea di massima, il più attendibile interprete del pensiero del maestro. Nei Dialoghi di Platone, in particolare quelli della giovinezza e della prima maturità, le idee e la personalità di Socrate sono esposte e raffigurate dettagliatamente. Socrate è anche il protagonista di altri scritti - detti Discorsi socratici -, composti da vari suoi seguaci come Eschine, Antistene, Senofonte, in cui troviamo notizie sulla vita e sul pensiero di un uomo che doveva essere visto come una figura davvero fuori dell'ordinario. Il medesimo coraggio egli mostrerà di fronte ai suoi accusatori nel processo in cui sarà condannato a morte, scegliendo di sacrificare la propria vita piuttosto che ribellarsi alle leggi della città. 


IL PROCESSO E LA CONDANNA DI SOCRATE

Perché Socrate, considerato l'esempio più limpido e coerente di uomo giusto, fu processato da un tribunale popolare di Atene e condannato a morte nel 399 a. Socrate fu messo a morte proprio durante il periodo della restaurata democrazia, la quale, però, era piuttosto fragile e priva dei grandi valori dell'epoca di Pericle. Accuse ingiuste, perché Socrate non solo non aveva aderito a quel governo tirannico, ma lo aveva anche apertamente criticato. Socrate fu accusato e riconosciuto colpevole di non onorare gli dei della sua città, anzi di aver importato nuove divinità, e di aver corrotto i giovani. Accuse quantomeno strane, in particolare la prima, soprattutto se si pensa che la Grecia era tollerante in materia religiosa. Tali accuse in realtà, come abbiamo accennato, celavano la forte preoccupazione del nuovo governo per un personaggio che, mettendo sistematicamente in dubbio ogni certezza, poteva minare le basi già vacillanti del sistema politico. Non si dimentichi, infatti, che Socrate non fu condannato da un gruppo ristretto di persone, ma dalla maggioranza di una giuria popolare composta di cinquecento persone. 


LA MORTE COME EMBLEMA DI COERENZA SPIRITUALE

La morte fu in un certo qual modo il sigillo estremo della grandezza spirituale di Socrate. Inoltre è significativo il modo in cui il filosofo affrontò la situazione: la condanna fu eseguita soltanto dopo un mese, perché il giorno precedente la data stabilita per l'esecuzione era partita la nave per le feste di De-lo e nessuna sentenza capitale poteva essere eseguita finché la nave non fosse tornata. L'ultimo giorno, dopo essersi lavato per giungere puro all'ora decisiva, appena tramontato il sole, bevve con serenità la cicuta. 


LA NECESSITÀ DI DEFINIRE I TERMINI

Socrate, dunque, metteva in crisi coloro con cui dialogava, insinuando in loro il dubbio o, più esattamente, quell'attitudine tipica della filosofia a chiedersi sempre "che cosa è ciò?" e "perché questo?". In particolare, Socrate insegnava a non accettare mai idee o giudizi senza prima essersi interrogati a fondo sul loro significato.


UNA VITA DEDICATA ALLA RICERCA

A tal fine seguiamo il racconto che il giovane Platone ci ha lasciato nell'Apologia di Socrate, scritta poco prima del 395 a. L'opera comincia con il responso dell'oracolo di Delfi, che indica in Socrate l'uomo più saggio e che suscita nel filosofo perplessità e imbarazzo, nonché il desiderio di capire i motivi di tale giudizio. Socrate inizia la sua ricerca recandosi presso gli uomini che avevano fama di grande sapienza, innanzitutto presso un uomo politico impor-tante. Si intrattiene con lui in una serrata conversazione, giungendo progressivamente a comprendere che quest'uomo, pur ritenendosi molto saggio, in realtà non lo è. 


IL METODO SOCRATICO 

Dialogando con i suoi interlocutori, Socrate chiedeva loro di pronunciarsi su un particolare tema - ad esempio il coraggio o la virtù o il bene ecc. - e, ascoltando la risposta, mostrava in prima istanza di accettarla come valida.Poco per volta però, attraverso le varie definizioni proposte e spesso contraddittorie, risultava chiaro che anche l'interlocutore, al pari di Socrate, non sapeva realmente che cosa fosse ciò di cui si parlava, o quantomeno ne possedeva una conoscenza incompleta ed erronea. Ecco che la «maschera» dell'ignoranza, assunta da Socrate, si rivelava allora come lo strumento più efficace per mettere a nudo l'ignoranza altrui. 

Socrate riteneva che ognuno dovesse sforzarsi di individuare e sviluppare dentro di sé i germi della verità. Perché il dialogo conseguisse gli esiti desiderati era necessario che ci fosse fiducia reciproca e una comune aspirazione alla «verità». 


LA CONVERSAZIONE FILOSOFICA

In definitiva, Socrate concepiva la sua missione come un invito a ragionare, perché attraverso il dialogo ci si libera dai concetti sbagliati e si arriva a capire ciò che è bene fare.

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